Ciò che faccio non e ciò che vorrei, ma cosa vorrei?

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Ci sono momenti nella vita in cui ciò che facciamo non ci corrisponde più.

Ce ne accorgiamo dal nostro stato d’animo, dalle sensazioni di malessere, dalla mancanza di soddisfazione che sentiamo a fine giornata e a volte da un senso di insoddisfazione.

Lo sentiamo dalla mancanza di entusiasmo con cui iniziamo la giornata; siamo totalmente orientati al dovere e per nulla al piacere.

Viene a mancare, o non c’è mai stata, la connessione tra ciò che facciamo e ciò che desideriamo, come se fossimo separati.

Cosa realmente ci interessa? Quali sono le cose che ci fanno “vibrare”? Quale è la nostra vocazione? E’ possibile coniugare dovere e piacere?

Questa situazione può manifestarsi senza un apparente motivo, altre volte c’è un fattore scatenante che potrebbe essere, ad esempio, la perdita del lavoro,  un nuovo ciclo scolastico, la fine di una relazione, il cambio di casa, il superamento di una malattia e così via, o semplicemente “settembre” per molti la ripresa della quotidianità. Gli ambiti possono essere la vita privata, quella lavorativa o studentesca.

Ora che ci troviamo in una situazione non certo confortevole, che fare?

Cosa possiamo cambiare della nostra vita e come? Solo pensare ad un cambiamento ci potrebbe portare in uno stato di malessere anche peggiore. Se cambio come pago il mutuo? E la famiglia? Come gestisco le aspettative che gli altri hanno su di me? Questi sono solo alcuni esempi di pensieri che ci portano a gettare la spugna ancora prima di iniziare.

Rischiamo di entrare in un “loop mentale” che, alla fine, ripropone sempre gli stessi pensieri.

Serve una nuova visione, qualcosa che ci faccia sognare, che aumenti il livello di vibrazione, qualcosa che ci faccia sentire più leggeri.

Può essere utile immaginare di parlare a noi stessi, a quella parte che ci trattiene dal cambiare oppure a quella che ci fa sentire insoddisfatti, o ancora a quella parte che sa cosa vogliamo ma non ce lo mostra.

La nostra parte che ci trattiene è un “sabotatore”  ovvero quell’insieme di limitazioni che ci bloccano: non so fare altro, ho studiato per questo quindi devo assolutamente lavorare in questo settore, prima di muovermi devo aver chiaro tutto lo scenario futuro nei minimi dettagli, chi va in pensione poi si annoia, devo scegliere questa facoltà che sicuramente mi garantirà un posto di lavoro.

Il coach possiede le competenze per condurci, attraverso domande e non solo, verso l’identificazione delle nostre vere aspirazioni, isolando i vincoli e smascherando il sabotatore e quindi le credenze limitanti.

E tu vuoi iniziare a conoscere e dare forma al tuo sabotatore interiore? Scarica questo esercizio e poi, se vorrai ne parleremo magari in una sessione gratuita di prova.

Mi trovi anche sulla piattaforma di coaching Un Bravo Coach

C’è spazio per la spiritualità nei team in ambito lavorativo?

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La Spiritualità

Robert Giacalone e Carole Jurkiewicz, due ricercatori di spiritualità sul posto di lavoro, forniscono questa definizione nel loro articolo del 2003:

“una struttura di valori organizzativi evidenziati nella cultura che promuove l'esperienza di trascendenza dei dipendenti attraverso il processo lavorativo, facilitando il loro senso di connessione con gli altri in un modo che fornisce sentimenti di completezza e gioia."

Connessione, completezza, gioia e quindi benessere, sentirsi parte di qualcosa di più grande generando così un effetto “volano” che migliora il benessere collettivo, dell’azienda, e individuale.

L’approccio è olistico e non potrebbe essere altrimenti. Abbiamo capito ormai che non siamo fatti a compartimenti stagni e che non è davvero possibile non portarsi sul posto di lavoro ciò che siamo e sentiamo nella vita privata. Quindi se modalità di relazione interpersonale ci fanno stare bene, perché non provare a portarle al lavoro? Certo nella vita privata abbiamo più controllo mentre in un ufficio non dipende tutto da noi ma anche dal “mindset” aziendale come Laloux ci descrive ampiamente nel suo libro “Reinventare le organizzazioni”.

Spiritualità dell’individuo

D’altra parte non occorrono anni di meditazione o corsi spirituali di livello avanzato, possiamo incontrare un approccio spirituale anche in comportamenti quali un ascolto empatico, rispetto per se stessi e per gli altri, un linguaggio verbale assertivo.

Sentirsi parte del tutto è un concetto più “alto” rispetto a “star bene nel luogo in cui si lavora”. Goleman, ne parleremo più avanti, affronta questi temi descrivendoci lo stato di flusso, ma la spiritualità è qualcosa che sta “sopra” ed è strettamente connessa al concetto di crescita personale e non solo di crescita professionale.

Quali sono i modi per predisporre il setting per un ambiente di lavoro spirituale?

Prima di rispondere a questa domanda sarebbe opportuno fare un passo indietro o meglio, un passo "dentro". Quali sono gli atteggiamenti che facilitano l’emergere della spiritualità nelle relazioni e sul posto di lavoro?

Anzitutto occorre una buona dose di auto consapevolezza, osservarsi, stare in contatto con le proprie emozioni, osservarle in relazione a ciò che stiamo vivendo. Essere quindi consapevoli e non attori passivi può condurci a identificare aree personali in cui migliorarsi. Questo mood può essere trasposto nell’ambito lavorativo dove  identificare i conflitti è sicuramente più utile che esserne vittima. Il conflitto è una nostra reazione ad un ostacolo, a qualcosa che è differisce rispetto a ciò che ci aspettavamo o a come vorremmo fossero le cose. Di fronte a tale scenario reagiamo facendo muro anziché vedere la situazione come opportunità per modificare le nostre convinzioni in un’ottica antifragile.

Identificarsi con la propria posizione o il proprio incarico è un altro atteggiamento che porta lontano dalla spiritualità. Non siamo ciò che facciamo, la nostra essenza è ben più profonda e ampia. Riconoscerlo vuol dire vedersi come possibili attori di altri destini in grado quindi di portare ricchezza a noi stessi e agli altri nel tentativo di dar vita a quel “volano” di cui abbiamo già parlato.

“Vedere” gli altri, dare loro un feedback positivo spontaneo creare opportunità di condivisione e scambio delle competenze sia hard che soft skills. Un esempio utilizzato in contesti agile sono le "Gilde" ovvero gruppi cross team nati proprio per questo scopo. 

Sicuramente ci sono tecniche che possono aiutare a far emergere e nutrire la spiritualità come la meditazione la mindfullness e possono anche essere introdotte nell’ambito lavorativo.

Ricapitolando

La spiritualità sul posto di lavoro è quindi sempre esistita, spesso soffocata, generando cosi insoddisfazione e frustrazione. Negli anni 60 Mc Gregor ci parla della Teoria X e Y per categorizzare due opposte modalità di gestione del lavoro da parte dei manager. Oggi a distanza di anni e dopo diversi passaggi evolutivi, sebbene non sempre messi in pratica dalle organizzazioni, possiamo iniziare a formalizzare la presenza di una spiritualità sempre sottesa ma mai ben identificata.

La spiritualità quindi propone un diverso insieme di valori che, se coltivati, trasformano il nostro rapporto con il lavoro nel lungo periodo.