La Mastermind, le Vibrazioni, il Kybalion

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L’evoluzione spirituale, mentale, di conoscenza, può avvenire attraverso diversi strumenti. Ho avuto il piacere e la fortuna di iniziare con Vito Semeraro un percorso evolutivo molto interessante attraverso una Mastermind ovvero unire conoscenze, competenze, esperienze per un obiettivo comune, in un percorso nel quale emergono nuove consapevolezze. Alla nostra Mastermind, nel tempo, si sono unite altre persone.

La Mastermind

Il concetto di Mastermind si delinea già nel libro del suo ideatore: “Think and Grow Rich” di Napoleon Hill, scrittore e saggista statunitense di inizio '900.

Siamo nel 1937 e in questo libro si parla di pensiero creativo, di intelligenza collettiva, di obiettivi comuni. Hill pone le basi per sviluppare negli anni successivi un concetto che ritroviamo oggi applicato anche in ambiti aziendali, mettere a fattor comune le competenze perchè l’unione di più menti è maggiore della loro somma. E' possibile trovare alcuni spezzoni di sue interviste anche su YouTube.

L’esperienza della Mastermind prevede un gruppo di persone non molto numeroso che voglia aprirsi e confrontarsi secondo una precisa scaletta. Una persona del gruppo si propone come coordinatore al fine di far rispettare le fasi della Mastermind. Le regole devono essere poche e ben chiare per esempio la frequenza degli incontri, la disdetta, il rispetto per gli altri, la durata di ogni incontro.

Nell'incontro il gruppo si organizza secondo linee che si autodeterminano con tutti i componenti. Lo scopo è quello di far emergere un argomento a cui dedicare l’incontro. Non è necessario che il tema trattato sia di natura tecnico-pratico-professionale, può anche essere un tema di natura personale, spirituale, emotivo rispetto al quale ogni componenti del gruppo porta la propria esperienza, o esplora, attraverso domande il tema con l’obiettivo di stimolare riflessioni e fare emergere nuove competenze. Non è quindi un momento di consulenza o di tutoraggio, è piuttosto un mettere in comune.

Sulla Mastermind in sé e ci si potrebbe soffermare a lungo, ciò che mi interessa qui è esplorare  il suo principio di funzionamento che, in base alla mia esperienza diretta, trova molte connessioni con alcuni principi espressi nel Kybalion, un saggio i cui autori si riferiscono a conoscenze espresse nelle tavole smeraldine di Ermete Trismegisto.

Il Kybalion nella Mastermind

Nell’ottica ermetica del Kybalion trovo due principi strettamente applicabili alla Mastermind: il principio della vibrazione e quello del Tutto.

Nel processo della Mastermind, come abbiamo detto, si identifica un’obiettivo, che può essere portato da un singolo componente del gruppo o da tutti.  Insieme si esplorano le possibilità, si percorre la strada delle domande, si possono utilizzare tecniche di gamification.

Cosa sottende al processo che si sta mettendo in atto?

Dal Kybalion: “..ogni pensiero, emozione e stato mentale è accompagnato dal corrispondente grado di vibrazione…”  e ancora “..in base al principio di Vibrazione applicato ai fenomeni mentali possiamo polarizzare la nostra mente al grado desiderato..”

La vibrazione è un concetto che troviamo fin dalla fisica quantistica che ancora non ha risolto il dualismo onda-particella per spiegare lo strano comportamento degli elettroni. Alla base stessa della materia, di cui siamo composti, abbiamo le vibrazioni. La materia vibra, noi vibriamo, le nostre parole se pronunciate vibrano e lo fanno con intensità deversa anche a seconda del livello a cui il nostro stato d’animo si trova. La vibrazione è uno dei primi concetti che troviamo anche nel Vangelo di Giovanni considerandolo da un punto di vista laico: “en arke en o logos..”. Il logos è parola, verbo e quindi vibrazione.

Quando portiamo un tema lo descriviamo con un certo livello di vibrazione. Se il tema è un ostacolo da superare la vibrazione sarà necessariamente bassa, poiché stiamo esponendo un problema, un limite, un blocco oltre il quale non riusciamo a vedere. Agendo sulla vibrazione e alzandone il livello si arriverà a modificare la realtà iniziale mettendo in luce le nuove competenze. Come?

Attraverso, ad esempio, domande, la gamification o attraverso la condivisione delle esperienze portate senza porsi limiti in un contesto protetto. Nel corso della Mastermind questa fase è percepibile, dall'enunciato del problema alla visualizzazione dell'obiettivo desiderato si sta già alzando il livello di vibrazione.

Con un parallelismo che solo accenno, questi concetti li troviamo negli esperimenti sull’acqua di Masaru Emoto ma anche, per usare un’espressione di Elio D’Anna nella Scuola degli Dei, "sogna, la realtà verrà di conseguenza".

La vibrazione dunque ha un grande potere e nella Mastermind può essere amplificato poiché gli individui mettono in comune le proprie menti, energie, vibrazioni, competenze creando uno spazio comune, un’intelligenza collettiva che è maggiore della somma delle singole. Del resto ciascuno di noi è l’insieme di un potenziale universale e di relazione, siamo una specie sociale, al di là delle aberrazioni socio-internettiane, e attraverso la relazione possiamo potenziare le nostre caratteristiche o scoprirle o farle maturare, ovvero farne alzare il livello di vibrazione. Ciò è possibile perchè apparteniamo ad un “Tutto”, sempre secondo il Kybalion, dal quale abbiamo avuto spiritualmente origine e al quale ancora apparteniamo ma forse ce ne siamo dimenticati. La separazione dal Tutto è solo illusoria, la dualità tra noi e Lui non esiste, siamo una sola cosa e la dimostrazione l’abbiamo in quei momenti, come nella Mastermind, in cui ci si può ritrovare e  aiutare senza una profondo conoscenza reciproca.

Per realizzare una Mastermind non servono conoscenze, è possibile sperimentarla creandone una o partecipare a gruppi già esistenti e dopo un pò... diventa una necessità.

La Mastermind a cui partecipo si chiama "Crescita Personale" ed è aperta a candidature, trovate qui il modulo google.

Team Agili e neuroscienze per gestire il lavoro da remoto

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Introduzione

Una conversazione faccia a faccia è il modo più efficiente e più efficace per comunicare con il team ed all'interno del team.

E’ uno dei punti del manifesto agile che trovate qui: https://agilemanifesto.org/iso/it/principles.html

E’ esperienza di tutti i giorni, in ambito progettuale, che la co-locazione del team facilita molto la comunicazione.

Come fare però in un momento in cui ci viene imposto di lavorare in remoto? 

Non siamo più nel mindset Agile? Ancora oggi con la crescita della disponibilità di banda e numerosi strumenti di video call nonché lavagne virtuali e chat professionali, è ancora necessario essere co-locati?

Cos’è un Team

Vi ricordate di Velasco l’allenatore della nazionale di Volley negli anni 90 dello scorso secolo? Trovate un bellissimo video di un suo intervento alla conferenza TedX in cui molto chiaramente descrive la differenza tra un gruppo ed una squadra. La squadra non ha solo obiettivi comuni ma ha anche ruoli e interazioni ben definite. Il team, nei progetti agili, è sicuramente una squadra in cui ognuno ha ruoli ben definiti e in cui la comunicazione avviene in presenza. Uno dei ruoli più importanti in questi team sono le persone che facilitano la comunicazione e aiutano a superare i problemi: lo Scrum Master ma anche leader aziendali al di fuori del team.

Un giorno però arriva un evento, un Cigno Nero? 

Diciamo un evento molto impattante che ci costringe a cambiare modus operandi e modalità comunicativa nel giro di pochi giorni.

Dobbiamo resistere e essere più forti dell’evento che si è verificato.

Resistiamo?

Qualcuno vorrebbe, o per semplicità pensa, che adottare un comportamento resiliente sia la soluzione migliore, ma essere resiliente vorrebbe dire resistere, ma resistere a cosa?

Se resisto allora continuo ad andare in ufficio malgrado i rischi del momento? Oppure devo resistere e stare a casa ma senza cambiare le mie abitudini e quindi portando nel quotidiano (senza riuscirci) le stesse modalità di lavoro che avevo prima?

Evolviamo

Forse meglio evolvere, come ci consiglia la natura stessa e come Nassir Taleb formalizza nel suo libro sull’Antifragilità. 

A fronte di un evento “traumatico”, in natura, sopravvivono solo gli elementi che riescono a modificarsi ed adattarsi alla nuova situazione. 

I team devono quindi evolvere allo stesso modo incorporando un midset Antifragile nell’Agilità.

Interagire diversamente

Apriamo una piccola parentesi e vediamo cosa dicono le neuroscienze su questo argomento.

Nel progetto Aristotele, sviluppato da Google nel 2013, si vide, dopo aver osservato molti team, che le dinamiche interpersonali erano più importanti delle competenze individuali.

Del resto anche le neuroscienze ormai fanno emergere che la percezione è più vera della realtà. In risposta al nostro percepito l’organismo produce sostanze chimiche che ci aiutano nelle reazioni. I neuroni specchio di diverse persone si connettono come fossero un sistema generando connessioni emotive nuove delle dinamiche interpersonali . In questo senso la realtà che viviamo è meno vera. Dobbiamo, secondo le neuroscienze, credere nelle nostre percezioni che sono il vero strumento di comunicazione remota che la natura ci ha messo a disposizione.

In questo contesto il leader (da alcuni identificato come manager) che ricopre ruoli aziendali al di fuori del team, deve costantemente aiutare il team, esserne il coach. In una modalità di comunicazione remota in cui si usano telecamere e microfoni, gli stessi componenti del team sentendosi intimiditi dalla distanza o dalla scarsa conoscenza reciproca rinunciano ad approfondire o chiedere spiegazioni, preferendo proseguire il lavoro sulla base di ciò che credono di aver compreso. Si finisce quindi per adottare un modello “distante” di comunicazione.

E’ importante quindi che i leader  comprendano la necessità di raddoppiare gli sforzi nella gestione dei team virtuali e che ogni sforzo debba essere declinato nella duplice prospettiva: maggiore strutturazione del lavoro e maggiore comunicazione e socializzazione. 

In casi estremi è anche possibile organizzare incontri remoti faccia a faccia per sbloccare le dinamiche oppure ricorrere alla gamification per creare, anche da remoto, un certo feeling tra i componenti del team.

Altro punto di attenzione è l’orario lavorativo. Lavorare in remoto può voler dire fusi orari differenti o anche, soprattutto in questo periodo, avere orari lavorativi da far coincidere con una convivenza domestica (figli a casa). Un altro aspetto fondamentale è l’allineamento costante delle user stories, dei task, del product backlog e di tutto il materiale di progetto. Questo stesso materiale va costantemente messo a disposizione del team su board virtuali che utilizzino poi il meccanismo di notifica per avvisare dei cambiamenti. Vale infatti il principio del Manifesto che recita: “Accogliamo i cambiamenti nei requisiti, anche a stadi avanzati dello sviluppo. I processi agili sfruttano il cambiamento a favore del vantaggio competitivo del cliente.”. Ma naturalmente il cambiamento nei requisiti deve essere prontamente percepito da tutti.

Gli aspetti della comunicazione

E’ quindi importante che nella comunicazione, che avviene attraverso “nuovi” strumenti digitali siano presenti i seguenti aspetti.

Anzitutto la responsabilizzazione: comunicare responsabilità chiare, lasciando autonomia su progetti ai componenti del team.

Il coinvolgimento: generare entusiasmo promuovendo ambienti che celebrano la diversità e il lavoro di squadra. Ci sono molti strumenti visivamente “piacevoli” e con elevata interazione.

Il riconoscimento: riconoscere e premiare i collaboratori per prestazioni e contributi speciali, assicurando massima trasparenza, coinvolgimento e anche visibilità social.

La formazione: identificare un sistema di sviluppo e formazione continua per valutare e far crescere i collaboratori in base a ciò che fanno meglio. Questo concetto appartiene anche al manifesto Agile.

Infine valutare periodicamente ed insieme con il team l’efficacia delle modalità e degli stili di comunicazione adottati.

Conclusione

Grazie alle neuroscienze, agli strumenti virtuali, all’evento legato alla attuale pandemia, siamo costretti ad evolvere. Adattare nuovi stili di comunicazione e nuovi strumenti implica modificare il nostro mindset accogliendo e non resistendo. Rimangono però dei punti fermi: responsabilità, coinvolgimento, formazione e riconoscimento devono sempre, e forse più di prima essere presenti nella gestione del gruppo. Il leader o manager è chiamato a fare un ulteriore sforzo per coordinare e mantenere viva la comunicazione mettendo a disposizione le proprie capacità di coach nell’accoglienza delle difficoltà dei singoli. Il leader è quindi un allenatore per la squadra che “avvicina” i componenti del team, ma senza ritornare a concetti di co-locazione che, speriamo, siano definitivamente superati e non ritenuti più necessari.

Leadership e spiritualità

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Recentemente, un filone americano di studi ha lanciato l’idea di valorizzare il "capitale spirituale" come variabile fondamentale per la produttività delle organizzazioni aziendali e nei luoghi di lavoro.

Di spiritualità se ne parla poco e spesso male, confondendo la spiritualità con la religione. In verità, quando intratteniamo un dialogo costante e fecondo con la nostra anima e ci prendiamo cura dei suoi bisogni la nostra vita prende una direzione diversa. Del resto Gardner, con la teoria delle intelligenze multiple, e Goleman, con il paradigma dell’intelligenza emozionale, hanno già aperto la strada a visioni diverse del nostro modo di farci strada nella vita. L’intelligenza spirituale è la capacità di ascolto dell’anima, quella marcia in più che trasforma la motivazione in passione, la volontà in vocazione, la fiducia in fede e la capacità in responsabilità. Perché, dunque, non utilizzarla come driver nei modelli di leadership?

S. Covey, ne L’ottava regola mette a confronto la leadership come posizione (autorità formale) e la leadership come scelta (autorità morale).

La dicitura "autorità morale" è - di fatto - un ossimoro che racchiude tutta la potenza delle dicotomie generative: autorità morale significa ottenere influenza seguendo principi etici. Autorità morale significa uno stato di presenza, guidato dallo "spirito di servizio" al di sopra di sé stessi.

Quando leader con autorità formale o potere, dato dalla loro posizione, si rifiutano di usarlo se non come ultima risorsa, aumentano la loro autorità morale. Infatti, mettono da parte l’ego e, al suo posto, utilizzano qualità come persuasione, gentilezza, empatia e, in breve lealtà.

Otto Scharmer con la sua U-Theory (una delle metodologia più innovative nel panorama del change management) ci insegna a co-progettare soluzioni efficaci per le organizzazioni, in un panorama complesso, come il mercato del lavoro, caratterizzato da volatilità, incertezza e ambiguità.

Secondo Scharmer la differenza la fa il punto di consapevolezza da cui hanno origine le nostre azioni. E leadership diventa allora la "capacità di spostare il luogo interno da cui operiamo".

Il modo in cui si presta attenzione dà forma al dispiegarsi della realtà sociale attorno a noi, perché l’energia segue l’attenzione.

Ovunque poniamo attenzione come leader, innovatori, genitori, agenti del cambiamento, lì si indirizzerà l'energia del sistema che ci circonda, inclusa la nostra stessa energia.

La chiave della grande leadership risiede, quindi, nella capacità di restare concentrati.

Purtroppo, però, nostra abitudine a pensare per pensare – osserva Kabat Zinn, il fondatore della Mindfulness - ha, tra le varie conseguenze, quella di espellere dalla mente (che qui intendiamo come il nostro campo di coscienza) alcune qualità, in primis, la consapevolezza. Noi tutti tendiamo a sfuggire la consapevolezza per rimanere attaccati ad una visione fasulla del mondo, incentrata su un punto di vista egoico.

La visione del leader oggi, invece, non può più essere quella del capo che si mette davanti al gruppo e lo guida verso gli obiettivi, ma deve necessariamente uscire dalla logica di pensiero ego-centrata, per entrare in uno stato di consapevolezza eco-sistemica e portarsi al passo con la realtà del nostro mondo globalmente interconnesso. Diventa allora fondamentale dotarsi di strumenti di crescita personale che consentano al leader di attivare un nuovo paradigma di pensiero con cui lavorare prima su di sé e poi nel gruppo (di cui lui stesso fa parte). Il nuovo mind-set di competenze implica una qualità di ascolto e di presenza che consentano al leader di percepire le sfide del futuro, di ispirare il gruppo, di creare nuove possibilità di sviluppo.

La leva economica, infatti, non è più sufficiente a spiegare il benessere soggettivo e la felicità è veramente tale solo nella reciprocità. Non è un caso che nel 2006 l’Oms abbia aggiunto alle condizioni del benessere anche quello spirituale, di cui già ci parlava Maslow come ultimo gradino in cima alla piramide dei bisogni.

Ogni uomo deve decidere se camminerà nella luce dell'altruismo creativo o nel buio dell'egoismo distruttivo Martin Luther King

Nel mondo di oggi, in rapida e drammatica evoluzione, l'affermazione di sé dipende sempre più da come interagiamo con gli altri. Lo dimostra Adam Grant, giovane e brillante docente alla Wharton School, che nel libro Più dai più hai traccia tre profili che corrispondono ad altrettanti stili di azione: il giver (colui che antepone il dare al ricevere), il matcher (colui che, nel rapporto dare-avere punta al pareggio), il taker (colui che prende e basta):

I givers di successo sono quelli che hanno a cuore sia gli interessi degli altri che i propri,

diventando strategici nel modo in cui donano. Sono generosi con altri givers o matchers, in modo da massimizzare i risultati. Donare è un comportamento virale, ed i givers, mandando energia positiva nel loro network, attraggono nel tempo persone simili a loro, creando quindi una rete ricca di opportunità condivise con tanti.

Quali sono, allora le qualità che può coltivare un leader che vuole portare spiritualità e benessere all'interno della sua organizzazione?

Inanzitutto la gentilezza.

Oggi il termine “gentilezza” abbraccia una gamma di sentimenti descritti con parole diverse: solidarietà, generosità, altruismo, benevolenza, umanità, compassione, pietà, empatia. In passato questi sentimenti erano conosciuti con altri nomi: philantropia (amore per l’umanità) e caritas (amore per il prossimo). I significati cambiano, ma tutti questi termini rimandano all'idea di “cuore aperto”, cioè essere bendisposti verso gli altri.

In secondo luogo l’ascolto. Secondo Scharmer ci sono 4 livelli di ascolto 1. Ascolto di downloading (ascoltare quel che ci si aspetta di sentire) 2. Ascolto fattivo (prestare attenzione a ciò che ci sorprende) 3. Ascolto empatico (entrare nel punto di vista dell’altro) e 4. Ascolto generativo (connettersi con il futuro, lasciando andare il passato).

L’arte della leadership consiste, allora, nel facilitare il passaggio da un tipo di ascolto ad un altro.

Ed infine la fiducia, intesa come sentimento di base dell’anima, sulla quale si può fondare una vita attiva, dedita al bene e alla giustizia. L’anima è il tutto, è libera, inclusiva e già perfetta così com'è, senza bisogni e senza desideri.

Nella visione egoica si generano energie conflittuali, perché predominano barriere e inquinanti. La visione del mondo animica, invece, crea una campo di energie positive e di relazioni armoniche che possono facilmente divenire contagiosi e contribuire fattivamente a generare benesssere e crescita feconda in qualunque organizzazione.

Meditate, gente, meditate...

Trovate questo articolo anche sul mio blog, Allena i Pensieri.